Lc 2,16-21
Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.Voglio iniziare dal sentimento che ciascuno di noi ha quando si ferma a pensare che si conclude un altro anno e quindi ci si affaccia al nuovo, ci si affaccia all’imprevisto, a qualcosa che non possiamo programmare, che non possiamo dominare, non possiamo controllare. Questo ci procura sempre un senso di ansia, e l’ultimo dell’anno diventa allora il giorno della voglia di sballarsi un po’, oppure di affidarsi agli oroscopi, alla scaramanzia, alla magia, di mangiare le lenticchie per avere fortuna, soldi… però tutto questo fa presente qualcosa di molto serio. Noi andiamo verso il futuro, ma abbiamo l’impressione che ciò che è passato, fatto, è finito. E allora dove stiamo andando?
Anche dentro la festa c’è una tensione, c’è un senso di sofferenza. Noi abbiamo l’impressione che tutto finisca, la nostra salute, la nostra vitalità, le esperienze che viviamo, le amicizie che abbiamo intrecciato… Questa festa ci mette di fronte al problema del tempo. I greci avevano cercato di spiegare il mistero del tempo attraverso il mito di Cronos, che era un titano, figlio di Uranio e Cea. Questo titano ingoiava i propri figli appena nascevano e allora la moglie partorì in segreto un figlio, che era Zeus, il quale, una volta cresciuto punì Cronos attraverso l’evirazione. Quindi per il mito greco il tempo, cronos, distrugge quello che egli stesso crea. Mentre accadono delle cose, contemporaneamente vengono cancellate. C’è una inutilità che viene illustrata da questo mito il quale dice che il tempo che vivi non è fecondo, non è portatore di vita, ma portatore di morte; noi siamo impauriti dal tempo che ci si mangia, ci mangia la pelle liscia, i muscoli, la memoria, gli incontri… E’ una tortura guardare in faccia tutto questo, ed infatti la maggior parte delle persone evita di pensarci, però si porta dentro questo rumore di fondo e soprattutto lo percepisce alla fine dell’anno; ma anche alla fine di ogni mese, alla fine di ogni settimana, alla fine di ogni giorno succede che qualcosa finisce, e poi? Cosa rimane? Il nulla? Questo è il problema grave con cui dobbiamo interagire.
La Parola di oggi ci parla di tre vocaboli: benedizione, memoria e ringraziamento. Che cosa c’entrano con il cronos? La benedizione che è nel libro dei Numeri dice: ti benedica il Signore, ti protegga, faccia brillare… sono tutti verbi al congiuntivo, perché la traduzione italiana non è corretta e ci fa porre la domanda: quando Dio ci benedirà? In ebraico questa modalità verbale tradotta con il congiuntivo, in realtà indica l’intenzione che c’è in una persona che sta facendo quell’azione, quindi qui bisognerebbe tradurre: Dio ha nel suo cuore l’intenzione certa di benedirti, di farti del bene, ti guarda con favore, ti osserva con simpatia, con incoraggiamento.
Tutte le chiese antiche specialmente quelle orientali avevano nell’abside il volto di Cristo con degli occhi che ti seguivano ovunque ti muovessi all’interno della chiesa. Uno sguardo pieno di misericordia, di partecipazione. La nostra certezza, il nostro segreto per affrontare il nuovo anno, e affrontare ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, è sapere questo: c’è qualcuno che ti guarda con favore!
Dove possiamo vedere lo sguardo di Dio? Nel volto di Gesù Cristo, che è la benedizione del Padre. Noi abbiamo lui, ci è stato dato un figlio, un fratello, un maestro. Questo è un primo punto da assimilare, da metabolizzare: Dio è dalla parte tua, fa il tifo per te, conosce tutte le tue contraddizioni, ma queste non gli fanno cambiare idea, hai capito? Dio ci ha benedetto donandoci delle esperienze durante questo anno e tutto ciò che tu hai vissuto insieme con Gesù Cristo, non passa più, sta lì, è scritto in Cielo, è un’esperienza che rimane per sempre. Tra poco noi celebreremo il memoriale di uno degli atti di Gesù Cristo: rifaremo presente ciò che Gesù ha detto nell’ultima cena consegnando dentro queste parole delle intenzionalità, delle dinamiche che nella misura in cui noi le interpretiamo a nostra volta, rimangono per sempre, non finiscono più; stiamo scrivendo qualcosa di grande che non si perde, che non è inutile e questo è ciò che il popolo d’Israele chiama la fede. La fede è fare memoria di alcuni eventi che Dio ci ha regalato di vivere insieme con lui. Questa memoria si salva col futuro, cioè con la speranza. Se Dio è stato contento di stare con noi, domani lo sarà ancora. Dobbiamo fare questo esercizio di fare memoria di fatti concreti, che non sono solo fatti legati a situazioni positive. E’ difficile ricordare. Dicevano gli antichi padri che la madre di tutti peccati è la dimenticanza, l’oblio, il dimenticarci delle cose grandi che Dio ci ha regalato per vivere insieme con lui. Dobbiamo fare memoria, dobbiamo ricordarle.
Ricordare significa riportare al cuore. Questo lavoro è la preghiera che noi facciamo normalmente nell’Eucaristia, ma dovrebbe essere il nostro lavoro quotidiano in cui ricordiamo tanti piccoli e grandi fatti che abbiamo vissuto e che ci danno l’identità, ci danno un’intenzionalità. E’ importante imparare a scrivere, ricordare, tener presenti le cose positive che abbiamo vissuto, ma ci saranno anche tante cose brutte, difficili, anche i peccati, in cui Dio comunque entrerà e che sarà ancora più difficile tenere a mente, nel cuore, non scartare.
Bisogna tener presente che ogni cosa che viviamo può essere vissuta nell’amore e allora quella non solo non muore più, ma diventa anche la sorgente di una cosa grandiosa che è ringraziare. Abbiamo parlato della benedizione di Dio, abbiamo parlato della memoria, ora dobbiamo vedere il ringraziare. Diceva un grande santo che la forza dei ricordi proviene sempre dalla forza della gratitudine. Dobbiamo imparare questo: chi si ricorda le cose è una persona grata, chi non ricorda è un ingrato. Se noi viviamo in questa spiritualità, possiamo entrare nel futuro con enormi garanzie. La nostra vita non si può spegnere perché è assunta in Dio, è assunta in Gesù Cristo e Cristo non muore più. Quella frase che lui ha detto nell’Eucaristia non solo non muore più, ma è feconda, non è cronos, non è stata ingoiata dall’inutilità, non è vero che siccome è stata detta tanti anni fa, è ormai vecchia e non produce più nessuna consolazione in chi la riceve. E’ viva, è vera, è reale, e produce consolazione.
Quanto più la nostra vita sarà unita a quella di Gesù Cristo, tanto più saremo al sicuro, anche quando dovremo affrontare dei problemi difficili, la malattia, la morte. Anche le cose più difficili rimangono. La nostra vita è viva, importante, dobbiamo farne memoria, dobbiamo essere fieri di questo. Dio ci benedice, Dio sta con noi. Dio ti ha invitato qui, e anche a me, e non perché io sia bravo, ma perché vuole che io stia qui. Tu non lo vuoi? Lui si! A te sto antipatico? A lui sto simpatico! A te sembra che io valga poco? A lui sembra che io sia un fenomeno! A te non piace come parlo? A lui si! Lo so! E questo non significa essere superbi!
Carissimi, Dio vuole che noi esistiamo, che noi viviamo, vuole che noi ci siamo! Per questo è importante festeggiare il compleanno, perché Dio ha detto: io voglio che tu nasca! La benedizione! Dio volge il suo sguardo su di me, e io voglio incrociare il suo sguardo. Questo dobbiamo imparare!