Lc 2,16-21
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.Oggi è l’ultimo dell’anno. In realtà i pensieri che possiamo esaminare questa sera sono quelli che dovremmo avere ogni mattina però in particolare ci sono dei momenti più forti, come è questo, in cui ci affacciamo ad un altro anno e quindi ci affacciamo ad un mistero, a qualcosa che avverrà. Questo spesso ci confonde e ci preoccupa perché ci rendiamo conto di quanto siamo fragili, e di quanto complessa sia la realtà, e quindi la liturgia pagana esorcizza questa preoccupazione attraverso i botti, lo spumante, lo sballo.
Per vivere in maniera saggia questo problema grave dell’uomo che in realtà poi è il tema di tutti i giorni,perché ogni giorno è una novità assoluta, ci viene in soccorso questa parola del Vangelo.
Il Vangelo ci parla di una visione chiara: arrivano i pastori e trovano Maria, Giuseppe e il Bambino che giace nella mangiatoia e dopo averlo visto lo raccontano.
Ma c’è un certo punto che dice così: Maria da parte sua serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
La parola serbare non è da noi molto utilizzata, ma il verbo greco utilizzato traduce un verbo in ebraico perché sappiamo che la Bibbia greca è stata scritta da ebrei che hanno quindi tradotto dall’ebraico in greco. In ebraico il verbo è shamar , ed è il comando che Dio dà ad Adamo ed Eva quando consegna loro il giardino: dovete custodire, curare questo giardino.
Questo verbo indica il custodire, curare come un tesoro e se tu curerai quello che hai visto cioè Maria Giuseppe il bambino e pastori potrai insieme meditare. Meditare viene dal greco “sun-ballo”, ed ha il significato letterale di “mettere assieme” cioè tenere insieme senza buttare via nulla. Se tu farai questo lavoro di cura delle cose che tu hai visto di Dio allora non butterai niente della tua vita.
Perché dice così? perché ci sono dei momenti della nostra vita e nel futuro che ci aspetta in cui quello che hai visto, l’esperienza che hai fatto, il Bambino, Giuseppe, Maria, va tutto a quel paese! Non ti interessa più! Si dimentica! E’ tutta una tempesta, una nebbia.
Se la tua vita non è una relazione con questo Bambino che dà senso alle cose, che ti consente di non buttare niente, anzi di elaborare una sintesi profonda di ciò che ti accade perché tu ci possa entrare meglio ed interpretare i fatti secondo lo spirito, la tua vita appare inutile, non c’è niente da tenere.
Vi leggo una frase è di un teologo famoso, un gesuita svizzero che si chiama Hans Urs Von Balthasar :
Né la teologia né la vita della Chiesa formano un sistema comodamente inquadrabile; quando c’è Dio di mezzo si moltiplicano per la ragione umana i paradossi che non sono riconducibili a un comune denominatore da nessun metodo dialettico per quanto acuto.
La scelta dei temi qui presenti può sottolineare l’asprezza dei paradossi, certamente con l’inserimento di nuovi motivi si potrebbero mostrare accordi più profondi. Ma forse è più stimolante per il lettore costruirsi da se stesso i ponti oppure scoprire quelli nascosti. Essi devono infatti ben esserci poiché i temi si aggirano tutti nell’immediata vicinanza del centro del mistero cristiano.
Cioè se io tengo vicino Cristo e non lo butto è perché so che se lui si è incarnato una ragione non solo c’è, ma da senso alla mia vita. se coltivo e custodisco e curo questa premessa dentro di me, io posso trovare dei nessi logici anche nei paradossi.
Attenzione, però, questi nessi logici li devo trovare io! Li devi trovare tu! Altri ti possono aiutare a cercarli, però alla fine devi essere tu a barcamenarsi dentro questa tempesta.
Sapete uno degli strumenti più famosi per la navigazione era il sestante Ma se il sestante non serve, se gli strumenti più sofisticati non si connettono, che cosa si può fare? Devi ripartire da questa premessa che è l’archè, l’inizio: c’è Gesù, c’è Giuseppe, c’è Maria, c’è il suo mistero. E se lì dentro non si vede nulla, aspetta: vedrai ponti che mettono insieme questi paradossi.
Quello che ha scritto il teologo fa presente come la ragione umana e anche il Dio del catechismo siano del tutto insufficienti per darci una consistenza nell’affrontare la realtà. Spesso la nostra vita è molto più difficile del catechismo e noi non abbiamo le risposte preconfezionate per rendere ragione del senso della nostra vita mentre stiamo vivendo. Non si tratta tanto di fare dei discorsi teologici sul fatto che Dio è meraviglioso, bravo, onnipotente… se la mia vita è complicatissima e non riesco più a capirci nulla questo tipo di affermazioni non mi servono a niente.
Questa esperienza di stare dentro il paradosso, di barcamenarmi dentro la tempesta, questa è la fede.
Etty Hillesum, ebrea olandese, scrive così nel suo diario:
Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire l’oggi con i pesi delle mie preoccupazioni per il domani – ma anche questo richiede una certa esperienza. Ogni giorno ha già la sua parte. Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso promettere nulla. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. Esistono persone che all’ultimo momento si preoccupano di mettere in salvo aspirapolveri, forchette e cucchiai d’argento – invece di salvare te, dentro di me, mio Dio.
Ecco, questo è il punto: per affrontare un nuovo anno, per affrontare un nuovo giorno, dobbiamo avere la certezza che c’è una logica profonda, che c’è qualcosa che vale la pena. Quando Gesù ha 12 anni, Maria lo perde poi lo ritrova Gerusalemme dopo tre giorni di angoscia. Sapete dopo quanto capirà questo fatto? Dopo venti anni! Solo venti anni dopo capirà perché Gesù era sparito per tre giorni e poi lo aveva ritrovato.
Maria non capisce tutto subito! Però non ha buttato quella roba, l’ha meditata nel suo cuore. Sun-ballo, mettere insieme.
Dentro le cattedrali e le grandi chiese antiche troviamo spesso il volto di Cristo Pantocrator. Il Pantocrator è quello che ha in mano le cose, che dà senso alle cose. Non è l’onnipotente! E’ colui che tiene insieme la morte e la vita. dentro le grandi chiese antiche e ritratto con questo volto è il pantografo cioè quello che hai in mano le cose che da’ senso alle cose punto non è l’onnipotente è il pantocrator, cioè tiene insieme la morte e la vita.
La Chiesa, Maria, la parrocchia ci aiutano a tenere insieme le cose e a non buttarle, a ricordarci che c’è Giuseppe, c’è Maria, c’è il Bambino! Non è un miraggio e questo cambia tutto.