Gv 3,16-18
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».Celebriamo oggi la festa della Trinità. Il contrario della celebrazione è la comprensione. Noi no stiamo qui per comprendere, per capire, ma per sperimentare. La celebrazione ha la finalità di farci fare l’esperienza, non di farci capire le cose. In questo senso è molto meglio fare esperienza, piuttosto che capirci qualcosa, come è molto meglio assaggiare una torta anziché leggere la ricetta. Anche nella metodologia della comprensione, nelle cose di Dio viene prima l’esperienza e poi l’elaborazione. Non c’è mai uno studio previo, precedente che possa prescindere dall’esperienza, soprattutto quando si parla di Dio.
Il prefazio di oggi dice qualcosa di molto complicato: “con il tuo unico Figlio e con lo Spirito Santo sei un solo Dio, un solo signore, non nell’unità di una sola persona ma nella Trinità di una sola sostanza. Quanto rivelato della tua gloria noi lo crediamo”.
I più grandi personaggi che noi potremmo interpellare per capire qual è l’impianto della comprensione della Trinità sono dei Santi: san Basilio, San Gregorio Nazianzeno e San Gregorio di Nissa.
Oltre questo discorso dell’esperienza piuttosto che la comprensione, ci sono altre due situazioni particolari. La prima è quella raccontata dall’esodo in cui Mosè vede la catastrofe, sale a Dio ed incomprensibilmente Dio gli si rivela dicendogli: io sono misericordioso, pietoso, lento all’ira. Quando poi scende dal monte si accorge che il popolo si è nuovamente ostinato nel suo peccato e di fronte a questo Mosè supplica.
Poi abbiamo la situazione raccontata dal Vangelo, in cui Gesù si incontra con Nicodemo. Nicodemo era l’esponente dell’élite teologica giudaica, cioè dei cosiddetti farisei, che erano le persone più intelligenti, irreprensibili. Il vangelo non ci dice la reazione di Nicodemo. Di certo Nicodemo ascoltando Gesù si rende conto che ha fallito, che la sua teologia non porta ai segni che fa Gesù; Gesù gli dice che non è venuto al mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
Qual è allora l’esperienza fondamentale che un’esistenza umana ha assoluto bisogno di vivere? E’ l’esperienza di Dio, che piano piano ci porta dentro tante altre conseguenze perché c’è una dinamica a spirale che ci attrae verso esperienze sempre più interessanti e trasformanti. Quando la nostra vita è accesa dall’esperienza dell’Amore di Dio, questo amore che è generativo in noi, che ci dà stabilità interna, fa della nostra voglia di essere uomini una novità assoluta che va mantenuta viva in noi.
Ma come si fa ad arrivare a Dio? Dobbiamo pregare? Dobbiamo andare al “Divino Amore”? Fare tanto digiuno?
Sappiate una cosa, che non si può arrivare a Dio. Noi non lo possiamo raggiungere! Allora, visto che l’esperienza di Dio non è una cosa voluttuaria, facoltativa, ma essenziale perché io sia me stesso, come si fa a fare questa esperienza perché io lo possa raggiungere?
E’ possibile che Dio raggiunga me! In che modo? Dove ci sarà questo appuntamento? noi pensiamo che se noi facciamo del nostro, allora Dio farà la sua parte. No.
Le due letture che abbiamo ascoltato ci parlano del popolo di Israele e della teologia giudaica che sono al collasso, sono al fallimento, sono nella caduta. Allora il luogo dove Dio mi incontra e mi aspetta è nell’immondizia. Quando uno pensa “è finita” arriva Cristo che dice: io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Lì trovi Dio Trinità! E’ lo Spirito Santo.
Quando andavo a scuola e il professore ci riportava i compiti, si vedevano dall’esterno due segni: matita rossa e matita blu. la rossa indicava un errore di poca importanza, la blu un errore grave. Ecco, lo Spirito Santo è questa matita rossa e blu che invece di sottolineare il male, sottolinea il bene! Il bene che Dio ti vuole! E lo scopri quando sei nell’immondizia, come il figliol prodigo. Ti accorgi che hai una sorpresa perchè non esiste al mondo qualcuno che ti possa accogliere quando sei nell’immondizia. E’ impossibile. E’ lì che c’è questo incontro trasformante! E questa esperienza produce gratitudine, sorpresa… qualcosa si spezza in noi. Questa esperienza di accoglienza la Chiesa orientale ha voluto rappresentarla attraverso l’icona. C’è l’icona di Andrej Rublev con tre angeli che accolgono Abramo. Questa è l’immagine del Dio Trinità. Dio Trinità ci accoglie. Sulla sinistra c’è il Padre con sopra il Tempio, poi c’è al centro il Figlio e l’albero della vita e sulla destra c’è lo Spirito Santo con una roccia dalla quale scaturisce l’acqua. Il mantello verde dello Spirito Santo è il segno della vita, della vitalità. Dentro questa icona c’è un disegno importante da scovare, un calice e dentro questo calice c’è un altro piccolo calice che siamo noi. Noi veniamo quindi assunti dalla Trinità e veniamo cambiati, trasformati. In noi questa realtà è già iniziata se noi cerchiamo la perfezione.
Sembra una contraddizione quello che sto dicendo, perchè poco fa vi ho detto che Dio ci aspetta nel fallimento e ora vi sto parlando di perfezione.
Cosa è la perfezione?
San Paolo dice: “Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione”.
Capite cosa è la perfezione? Non è avere ragione! Non è capire le cose! Non è affermare i propri diritti! E’ la comunione! E’ l’incontro, la giustificazione!
Noi spesso non siamo d’accordo con Dio, perchè Dio è sempre lento all’ira e grande nell’amore.
Se uno studia la Trinità, ma è implacabile, allora è un frutto marcio. Se uno balbetta la Trinità, ma ha un po’ di misericordia, è come un santo. Noi siamo immersi nell’amore, dobbiamo sentirci a nostro agio qui dentro, dobbiamo rifugiarci dentro questo calice dell’amore, nel quale noi mettiamo un po’ di noi stessi, anche i nostri tentativi oltre che i nostri fallimenti. Lì c’è questo incontro trasformante.