Gv 8,1-11
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».Questo è un Vangelo apparentemente chiaro, ma come al solito ha tanti elementi che non possiamo cogliere nella loro globalità, perché dobbiamo fare una selezione.
Nella prima lettura tratta dal libro del profeta Isaia si parla di una strada nel mare, addirittura un sentiero in mezzo ad acque possenti. Poi abbiamo sentito San Paolo nella lettera ai Filippesi che lui scrive mentre sta in carcere. Sapendo questo, se uno la rilegge si stupisce di quello che dice, perché doveva essere depresso invece dimentico del passato proteso verso il futuro io corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere in Cristo Gesù.
Poi il Vangelo ci parla di questo momento della vita di Gesù il quale aveva passato la notte al Monte degli Ulivi ma all’alba si recò di nuovo al tempio. Evidentemente era andato al Getsemani perché spesso stava lì, c’era una grotta dove Marco Giovanni detto anche Marco aveva i genitori che avevano un appezzamento di terreno. Questo è un particolare che adesso non ci interessa però ci mostra la ricchezza delle cose che si potrebbero dire.
Arrivato alla spianata del tempio, gli conducono una donna sorpresa in flagrante adulterio e quindi avviene quello che noi sappiamo.
Vediamo questo discorso dell’adulterio. Oggi uno potrebbe dire che l’adulterio è una ragazzata, è un momento di debolezza. Uno quando pensa all’adulterio dice: questo si è andato a divertire… e poi si è sempre pensato che sono le donne a fare adulterio e non gli uomini. Immaginate che nel 1889 c’era il codice Zanardelli che praticamente depenalizzava il delitto di onore da parte del maschio il quale si fosse sentito tradito dalla moglie. Non era il contrario.
Bene, l’adulterio quindi noi lo percepiamo così, ma Gesù ci parla d’altro. Gesù sta parlando non solamente del fallimento di una persona che cade nella polvere perché è sposata o sposato e quindi tradisce il suo matrimonio, ma sta parlando proprio della vita umana quando non arriva alla sua meta. “Io corro verso la meta”, la meta è praticamente l’interpretazione piena dell’intenzionalità della mia vita, e quindi io sono unificato non sono diviso. La parola adulterio viene dal latino ad alterum ire cioè non solamente andare con un altro, ma significa andare ad altro, essere praticamente alienato dalla mia esistenza.
C’era un romanzo molto importante che ha scritto Alberto Moravia nel 1929, si intitola “Gli indifferenti”, che parla proprio della tristezza enorme, dell’angoscia di questa famiglia che Moravia immagina come profeta, e praticamente descrive quello che spesso è la vita dell’uomo moderno. Parla della relazione di Leo con Carla che sarebbe la figlia della sua amante, Maria Grazia, ed è un tragedia per tutti perché Carla pensava che mettendosi con Leo la sua vita sarebbe cambiata. Ed è esattamente questo il motivo dell’adulterio, rendersi conto che la propria vita non va da nessuna parte perché non ha una direzione, perché è tutto inutile, perché ci sono degli ostacoli, ci sono delle difficoltà. Allora uno rimette in discussione qualsiasi cosa e mentre la mette in discussione perde stesso. E’ quindi la descrizione di una tragedia dell’umanità, dell’uomo di oggi, non solamente di un coniuge, perché in realtà poi la vita cristiana prima di essere una vita coniugata con marito la moglie deve essere una vita che è unita alla chiamata di Dio, alla propria vocazione.
Questo fallimento non può essere illuminato dalla sapienza di questo mondo, uno può solamente prendere atto che la sua vita non funziona, che non può essere felice, non può essere donata, si deve interrompere, deve andare ad altro. E’ su questa problematica che entra l’azione del Vangelo. Vi ricordate, San Paolo dice anche alla fine del capitolo settimo della Lettera ai Romani: sono uno sventurato, sono un’infelice chi mi libererà da questo corpo votato alla morte. Io non posso andare dritto verso la mia vocazione, devo andare ad altro, sono infelice e quindi sono costretto a cambiare corsa, cambiare via, cambiare strada, soprattutto quando ho dei problemi, ho delle difficoltà.
Allora, su questo punto volevo dire due cose.
La prima è che c’è questa corsa; avete sentito come San Paolo nella lettera ai Filippesi dice: corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere in Cristo Gesù. Paolo ci parla di questa corsa perché San Pietro in un’altra lettera dice che c’è un’altra corsa. Dice così: Basta col tempo trascorso nel soddisfare le passioni del paganesimo, vivendo nelle dissolutezze, nelle passioni, nelle crapule, nei bagordi, nelle ubriachezze e nel culto illecito degli idoli. Per questo trovano strano che voi non corriate insieme con loro verso questo torrente di perdizione e vi oltraggiano. Cioè Pietro sta dicendo: ma vi rendete conto che cosa state inaugurando attraverso la vostra sequela di Gesù Cristo? Siete stati chiamati da noi a vivere un tipo di vita che attraversa anche questi problemi che impediscono a una persona normale di perseverare, e quindi di adulterare, quindi di disertare, quindi di chiudersi. Voi potete entrare dentro questa difficoltà per rimanere fedeli alla vostra chiamata.
Questo è ciò che farà Gesù domenica, quando faremo insieme le palme, perché Gesù davanti a Gerusalemme che lo sta tradendo continua, entra dentro. Non se ne va, non la lascia sola, si limita solamente a piangere su questa Gerusalemme che non ha riconosciuto il tempo in cui è stata visitata e che quindi rinuncia, si chiude, va ad altro.
Quando Gesù dice alla donna: tu vai e non peccare più non sta dicendo adesso arrangiati. L’uomo contemporaneo, l’uomo di tutti i giorni non può perseverare dentro la sua chiamata se non è sostenuto da questa capacità che gli viene da Cristo che vince la morte, che riesce a rimanere fedele anche dentro alla morte, ecco perché dice aprirò un cammino dentro acque possenti nella morte.
Il libro di Moravia parla di questa indifferenza e di questa delusione che è minacciata dall’incapacità dell’uomo di poter far fronte alle problematiche dell’esistenza e quindi deve ripiegare su un vivacchiare, su un tenersi a galla, ma in realtà è un sopravvivere che rende infelice l’uomo il quale non solamente non riesce ad accorgersi di questo, ma non può risolvere questo problema se non attraverso il Vangelo, se non attraverso la Chiesa, se non attraverso l’essere condotto costantemente dentro il suo destino. E questo anche quando il destino che Dio ci ha indicato lo porta in faccia ai problemi più grandi.
Quindi il fatto di adulterare è spesso una cantilena di tutti noi quando sbattiamo contro i problemi e ci tiriamo indietro dalla nostra vita, dalla nostra relazione, dal nostro lavoro, dalla nostra comunità, dal nostro laboratorio. Non appena arriva un problema, una delusione, uno rischia di adulterare e l’adulterio porta all’infelicità, alla solitudine, all’indifferenza.
Noi non siamo chiamati all’indifferenza, cioè al nulla, alla noia, siamo chiamati alla sponsalità e per questo Gesù sta nel tempio con lei perché sa che anche lui è tentato all’adulterio perché di lì a poco lui dovrà offrire la sua vita a questa donna, che è Gerusalemme, che lo ha tradito, lo sta tradendo, non sta capendo, lo sta rifiutando.
Ecco quindi anche noi siamo chiamati a vivere questa realtà della fedeltà alla nostra missione, alla nostra chiamata, ed è una cosa veramente soprannaturale il rimanere fedeli. Fedeli non solamente perché rimani a casa, ma perché il tuo cuore riesce a rimanere palpitante anche dentro una situazione difficile. Non è solamente imbullonarsi là dentro con il tuo corpo mentre il tuo cuore e la tua testa vagano altrove. C’è una unificazione dell’essere dentro la propria vita, questa è la sponsalità, è il matrimonio. Il matrimonio quindi non è solamente qualcosa che riguarda in questo senso, in questo Vangelo, le persone coniugate ma riguarda ciascuno di noi.
Riflettiamo su tutto questo. Il salmo 16 dice: io pongo sempre innanzi a me il Signore perché tu non lascerai che il tuo Santo veda la corruzione. Non mi lascerà nella fossa.
Quando io sono nella tentazione di abbandonare non mi lascerà nella corruzione, m’indicherà il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra dice così questo salmo fantastico che dovremmo rileggerci.