Non è bene che l’uomo sia solo

06-10-2024 XXVII domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Mc 10,2-16

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

 

Dopo l’estate, per riprendere il passo nella giusta direzione, occorre una nuova motivazione. Noi abbiamo a volte bisogno di riposizionare il nostro dispositivo, come si fa con il navigatore, proprio per avere certezza e chiarezza di dove stiamo andando e perchè.

Questa liturgia della parola estremamente ricca, ci aiuterà molto. La prima lettura, che è il racconto della creazione dell’uomo e della donna, è un brano della Scrittura che è stato commentato da Giovanni Paolo II all’inizio del suo pontificato, durante le udienze del mercoledì, per quattro anni! Immaginate quanto c’è da dire! Proviamo un po’ ad analizzarla. Questa lettura inizia dicendo: “Non è bene che l’uomo sia solo”; questa frase ci vuole dire che il male dell’uomo è la solitudine!

Ma che cos’è la solitudine? E’ l’isolamento? E’ la separazione? E’ l’esilio? E’ qualcosa di più che non avere un compagno. Dio è convinto inizialmente che il male dell’uomo sia la solitudine, intesa come isolamento, e prende l’iniziativa di concedere ad Adamo di crearsi un aiuto dandogli il potere su tutta la creazione, su tutto l’universo. Per questo Adamo dà il nome a tutte le creature, è come un Dio!

Però anche Adamo arriva la stessa conclusione da cui era partito Dio: non trovò un aiuto che gli fosse simile. Nella nuova traduzione, si dice “Non trovò un aiuto che gli corrispondesse”, ma questa espressione è molto ambigua perché uno potrebbe pensare che l’altro ti serve come se fosse una cosa da poter utilizzare quando c’è una necessità. In realtà, non è così! Non è né che gli corrisponda né che gli fosse simile!

In realtà è scritto così perché c’è una espressione ebraica intraducibile letteralmente, ma il senso che bisogna dargli è che “non trovò un aiuto contro di lui”! Contro che cosa? Contro la solitudine, contro l’isolamento! Per risolvere questo problema, Dio fece scendere un torpore sull’uomo; cioè riprende la creazione! Quel sonno in ebraico si dice tardemah, ed indica una specie di completamento della creazione: gli toglie una costola, fa questa operazione, dopodiché Adamo si sveglia, vede Eva e sperimenta l’amore che è espresso da un inno: “Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa”.

Giovanni Paolo II dice che questa poesia così primitiva in realtà è  l’inizio, la prefigurazione del Cantico dei Cantici, che è il libro che esalta l’emozione dell’amore vero! Ma dobbiamo capire meglio perché è importante per noi tutto questo discorso. E’ importante ci rivela cosa sia il male dell’uomo. Qualcuno potrebbe dire  che il male dell’uomo sia la mancanza della salute, dei soldi, di un compagno. In realtà questa diagnosi, che la Scrittura fa questa mattina per noi, ci dice: “Guarda che il male tuo, il male mio, il male dell’uomo, dell’umanità è l’isolamento da qualcuno che non può essere un cane, un gatto, una macchina bella, una casa bella! Non è quello!”. Anche Adamo lo scopre: non trovò un aiuto che gli fosse simile, cioè non trovò un aiuto che risolvesse questo isolamento, questa solitudine, perché questo aiuto è Cristo, il quale deve spezzare questo isolamento innanzitutto per entrare in comunione con noi!

Giovanni Paolo II dice che noi siamo fatti come partner dell’Assoluto! A noi non può bastare un marito, una moglie, la macchina, la salute, perché noi siamo fatti per Lui! Lo dice Sant’Agostino! Quindi il male dell’uomo è l’ignoranza di Cristo, perché solamente in Cristo uno diventa fecondo! E che significa fecondo? Che finalmente uno può amare, finalmente può smettere di essere avaro, suscettibile, permaloso… Finalmente può smettere di essere chiuso in se stesso! Bisogna che avvenga una mutazione antropologica, diceva Ratzinger, dentro il nostro essere che è l’Io di Cristo nel mio io, di modo che non sono più io che vivo ma Cristo che vive in me!

Questo è quello che fa la parrocchia, questo è quello che facciamo noi: portare all’uomo una diagnosi che lui non sospetterebbe che sia corretta e gli portiamo un rimedio che concretamente  è questa fecondità! Questo è l’amore che la Chiesa ha per l’uomo, che è smarrito, che è in esilio, che è separato, che è solo, che vaga a destra e sinistra, è agitatissimo, non sa dove andare, non sa come fare, è disperato! E allora la Chiesa innanzitutto raccoglie il grido del povero! Il Signore ascolta il grido del povero! E questo povero non sa che gli sta succedendo! Noi lo sappiamo: quello che ti manca è l’incontro con Dio, in Gesù Cristo! E questo incontro si fa nella parrocchia.

Ma non è sufficiente, perché questo abbraccio di Cristo con te, per durare, ha bisogno di mantenere l’abbraccio! Bisogna mantenere l’unione, bisogna crescere dentro questa unione e invece succede l’adulterio, cioè uno va ad altro! Adulterio non è solamente il fatto pratico che noi conosciamo, ma il tradimento di questo amore. E’ il trascurare questa relazione: ad alterum ire. Uno fa una gerarchia delle sue priorità che prescinde da questa continuità con l’amore di Dio, e quindi sceglie altro! Ma non troverà un aiuto che gli sia simile, non troverà un aiuto che sia contro la sua stupidità! Non amerà nessuno se non quello che ha scelto perché non si può fare diversamente se uno non mantiene questo abbraccio!

Questo è quello che facciamo in parrocchia, una cosa meravigliosa: portare all’uomo questa esperienza!

Noi siamo fatti per essere partner dell’Assoluto! Abbiamo una qualità di relazione che solamente in Dio si può risolvere, tutto il resto è sottodimensionato! Noi cerchiamo dagli altri una qualità che non ti può dare tua moglie, non ti può dare il lavoro, non ti può dare tua zia, tua nonna. Tua madre non poteva darti questa roba qui perché tu stai cercando Dio! E allora questo Dio ha preso l’iniziativa e con tutta la fragilità che Dio ha voluto che la Chiesa avesse, noi cerchiamo di fare questa operazione, di sfilare dal cuore dell’uomo un impedimento a questa comunione, per fare in modo che una persona diventi feconda!

C’è un’azione del mondo, si chiama mistero dell’iniquità, che ci porta all’adulterio, ci porta a trascurare, a tradire l’amore di Dio in noi! Quindi su questo noi dobbiamo riflettere, perché l’azione della parrocchia fondamentalmente è questo. Noi stiamo costruendo una civiltà, una piccola isola, un piccolo ecosistema in cui l’uomo può respirare, per cui l’uomo può ritrovare che cosa è bene e cosa è male, mentre invece stiamo andando al di là del bene e del male; e quindi la parrocchia diventa anche questo luogo di eccellenza a livello intellettuale, spirituale, comunionale e a tutti i livelli. Questo noi lo perseguiamo attraverso la pastorale ordinaria: battesimi, comunioni, cresime, prematrimoniale e post matrimoniale e altro, ma fondamentalmente attraverso un cammino di permanente formazione che è  costituito dal Cammino Neocatecumenale, dai Laboratori della fede, dallo Scautismo, per combattere contro il nulla, contro la violenza, la cattiveria. Noi siamo stati fecondati da un angelo da un dubbio: “guarda che l’albero, quello lì è buono, guardalo meglio! Guardalo meglio!” e  tu hai detto amen! Hai ragione! E ti comincia a piacere quello che prima detestavi. C’è una mutazione questa volta al contrario, e noi dobbiamo mettere nuovamente in chiaro quello che stiamo facendo, dove stiamo andando! Dio per primo prende l’iniziativa,  e dobbiamo mantenere questo abbraccio, crescere dentro questa comunione per essere fecondi e manifestare il volto di Cristo nel nostro volto! Questo è il massimo della vita umana. In Cristo io posso stare solo, posso sposarmi, posso avere i figli, posso non averli, posso essere ammalato, posso essere in salute. In Cristo tutto posso! “Tutto posso in colui che mi dà la forza”, dice San Paolo. “Tutto posso in lui, senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste” dice il prologo di San Giovanni.

Riflettiamo su questa grande rivelazione che questa mattina ci fa la Scrittura, perché possiamo essere fieri di appartenere a un progetto importante di civilizzazione, di umanizzazione.