Gv 14,15-16.23-26
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro consolatore, perché stia con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l'amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi udite non è mia, ma è del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose, stando ancora con voi; ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto.Siamo partiti in questa veglia ascoltando questa affermazione: “Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole” (Gen 11,1). E’ una notizia che sembra positiva, ma qual è questa lingua? Quali sono queste parole? E’ una lingua che dice qualcosa di balbettante e di drammatico. In primo luogo questa è una lingua che tutti conosciamo, è la lingua di chi si fa gli affari propri, pensando di essere l’unica cosa che conta: io devo stare bene e le cose devono andare come dico io. Questa è la lingua di ciascuno di noi.
Noi abbiamo il compito di trovare una via d’uscita, una via che ci porti alla pienezza, che ci porti ad essere quello che noi non siamo e che desideriamo di voler diventare, ma non sappiamo ancora chi e che cosa dovremmo diventare. Allora copiamo gli altri… tuo padre, tua madre, il tuo amico, il tuo idolo, il tuo personaggio favorito… ma anche questo ci lascia un grande senso di insoddisfazione. All’inizio del ’68 i Rolling Stones fecero una canzone che si chiamava ”I get no satisfation”, cioè “Io non riesco a trovare soddisfazione”, è un grido di chi soffre, di chi vive una tragedia: non posso trovare la pienezza! Come si fa? Come posso trovare pace, trovare un senso a tante cose che vivo? E’ necessario accogliere un invito che ci permetta di entrare in un mondo di consolazione. Qualcuno deve entrare nella tua solitudine. Consolare significa “stare con il solo”, far sì che tu non sia più solo! Tu non puoi fare affidamento esclusivamente sulla tua intelligenza, sulle tue forze. Abbiamo bisogno di Qualcuno che non solamente ci ha creati senza di noi, ma che ci porti a perfezione attraverso di noi, se noi accogliamo questa presenza, questa consolazione che ci strappa dall’ottusità.
Lo Spirito Santo, il Consolatore, arriva a parlare con il suo Spirito nel tuo spirito, ad un livello profondissimo, di modo che tu ti senta finalmente capito, raggiunto, amato, vivo. Questa intuizione non è – come molti credono – l’ultima tappa, ma è solamente l’inizio, è un bacio. Ci fa capire un linguaggio nuovo, ci dà un senso di vicinanza, di casa. C’è qualcuno che non solamente ti vuole raggiungere, ma ti vuole iniziare, prendere per mano per farti sperimentare, godere il mistero che è Dio, attraverso questo pellegrinaggio terreno. Noi siamo ammalati di individualismo, con la nostra indocilità, con i nostri capricci, ma in questa celebrazione, luogo di consolazione, avverti che non sei solo, che c’è qualcuno che ti aiuta, che ti parla, e comprendi che questo è il momento favorevole! Non ce n’è un altro, capite? E’ adesso! Dentro questa intuizione ti rendi allora conto che vieni chiamato a partecipare alla finalità dell’opera di Cristo. Perché Gesù Cristo si è incarnato, ha sofferto, è risorto? Per costruire la Chiesa, attraverso di noi! Questa finalità così grande, inaudita è stata riscoperta dalla Chiesa da pochi anni, dal Concilio Vaticano II; fino ad allora le uniche cose che contavano erano la direzione spirituale, la confessione, la preghiera al Santissimo, lo studio della Parola di Dio e della teologia. Nel Concilio Vaticano II la Chiesa ha detto: no! Questi sono strumenti per raggiungere qualcosa di molto più grande che è edificarci come comunione.
Molti di voi state scoprendo che state diventando Chiesa, cioè il corpo di Gesù Cristo. Occorre realizzare una fraternità estremamente complessa, ed è necessario che ciascuno di voi abbia il suo compito. Alcuni di voi state qui da 10 anni, 15 anni, e ancora state dicendo: “E io? Ho visto che le cose non funzionano… ho visto che quella cosa non va….”. Amore… falla tu! La Chiesa sei tu! Tu ad un certo punto devi diventare corresponsabile, diventare una persona che si appassiona di questa roba, una persona – e ne conosco tante! – che quando vede un problema cerca di risolverlo, che vive senza pensare solo ai propri affari. Come è possibile realizzare quello che vi sto dicendo? Sembra un’utopia, ma è la chiamata che Dio mi ha fatto: costruire la Chiesa. Questo fa il prete, questo fanno i cristiani. I cristiani non sono persone che studiano la Bibbia, fanno le catechesi e sanno tutto di tutto. Edificare la Chiesa è la cosa più importante, perché la Chiesa è sorgente della cultura, delle iniziative, della fraternità, della solidarietà, diventa una sorgente che dovrebbe rendere vivo il quartiere, sostenere i poveracci. Non puoi fare tutto questo da solo, devi farlo come Chiesa. Hai bisogno di una realtà soprannaturale che viene costruita celebrazione dopo celebrazione.
E’ importante allora fare un cammino di fede, perché non si diventa cristiani facendosi il segno della croce e pregando il Padre nostro. Il cristianesimo consiste nell’accogliere una chiamata che Dio ci fa a camminare, a crescere dentro la sua Chiesa. Questo io lo sto vivendo e questo mi aiuta. Ricevere lo Spirito Santo non significa che di punto in bianco tu diventi un angelo, ma che entri dentro un travaglio e avverti una grandezza anche se vieni smentito da tante cose. Lo Spirito diventa più forte anche perché noi ci aiutiamo in un modo vicendevole; noi stiamo qua per educare i bambini, attraverso il catechismo della comunione, per spiegare loro come si vive, come si mangia, come si parla… vi insegnerà ogni cosa! Cosa significa che lo Spirito Santo insegnerà ogni cosa? Significa che ci insegna a vivere tutto! A divertirti, a mangiare una pizza, a gestire il tuo tempo libero.. Tutto ti verrà insegnato dallo Spirito Santo!
Per questo ci sono i sacerdoti, i catechisti. Per questo devi imparare a farti guidare e a non montarti la testa, anche se sei catechista. Non hai capito tutto! Però vedete che questo è qualcosa di inedito perché fino a poco tempo fa ciò che contava era che tu fossi umile, buono, tutte virtù individualistiche. Totalmente sbagliato! Perché tutto ci porta a farci gli affari nostri ed è un errore clamoroso della spiritualità cristiana. Il papa sta cercando di fare in modo che si crei una Chiesa capace di interagire con la complessità della modernità, di accogliere, di far crescere, di avere un punto di aggancio. Una Chiesa che non crei muri, ma costruisca ponti, la qual cosa non significa sminuire ciò che la Chiesa vuole dire, ma aiutarci a viverlo. Noi siamo ottusi, intontiti, e allora abbiamo bisogno di ricevere una sapienza alta che è quella di Dio. Questo è la Chiesa. Su questo stiamo lavorando insieme.
Adesso noi faremo il battesimo di sei bambini, ma se questi bambini non vengono poi guidati dai genitori, questo battesimo è del tutto inutile! L’altro giorno sono passato nella stanza dove stavano facendo il corso per il matrimonio, e stavano tutti mano nella mano. Ho detto: “Siete fortunati perché vi volete bene, ma se non avete capito che questo vostro amore, questa vostra relazione può maturare, si può rilanciare solo dentro la realtà della Chiesa, non avete capito niente!”. Questa serata deve ricordarci che la Chiesa non la fa il papa, che la Chiesa siamo noi! Stiamo lavorando insieme! Non c’è altro. Se non ci sei tu, non c’è un altro! Se non ora, quando? Se non io, chi? Se non qui, dove? E se non c’è un uomo, sii tu un uomo! Questo è lo spirito che ritroviamo negli Atti degli apostoli e che si potrebbe sintetizzare con la frase dei tre moschettieri: uno per tutti e tutti per uno. Questa è la Chiesa: persone che hanno un pensiero incompleto, che non pretendono di avere le risposte a qualsiasi problema. La Chiesa non è un gruppo di perfettini fondamentalisti, che puntano il dito e basta. C’è una Chiesa che è così, ma il papa questo non lo vuole, ringraziando Dio.