Beati!

01-11-2021 Tutti i Santi di don Fabio Pieroni

Mt 5,1-12

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Questa giornata di Tutti i Santi è una festa fondamentale. La prima cosa velocissima da dire è che la festa di Tutti i Santi non è l’esaltazione dei primatisti mondiali della pazienza, oppure della rassegnazione. Non è la festa di chi ha sofferto più di tutti e ha stabilito il record mondiale. Purtroppo spesso c’è questo fraintendimento e quindi per esempio il vangelo delle beatitudini diventa il vangelo delle persone perfette, diventa una indicazione  per chi si deve sforzare di essere perfetto, irreprensibile, e questa diventa la festa di quelli bravi… ma noi cosa c’entriamo con questo discorso?

Questo non è il cristianesimo!  Questa è religione! La religione è tutta una serie di pratiche che io devo osservare per accattivarmi “la simpatia di Dio” in modo che le cose vadano un pochino meglio di come vada agli altri, e dentro questo ciclo uno pensa di essere cristiano e anzi si sforza tantissimo, senza rendersi conto che è lontanissimo dal cristianesimo.

Ripassiamo velocemente le letture che abbiamo ascoltato: la prima lettura è tratta dall’Apocalisse e ci parla di una visione: “io vidi un angelo che imprime il sigillo sulla fronte dei servi, e questi sono centoquarantaquattromila”. Questo numero 144.000 è stato preso dai testimoni di Geova per indicare il numero di coloro che entreranno in paradiso, ma non è così! 144.000 è “dodici per dodici per mille” cioè sta dicendo che Israele inviò i dodici apostoli e quindi è un numero che indica la pienezza. E chi sono questi centoquarantaquattromila? Sono coloro i quali sono passati attraverso la grande tribolazione, che hanno lavato le loro vesti rendendole candide con il sangue dell’Agnello, cioè che hanno vissuto la Pasqua.

Poi la seconda lettura ci ha messo di fronte Giovanni il quale ci dà un’altra indicazione: c’è qualcosa di ulteriore, di straordinario, che noi vedremo dopo questa vita. C’è una parte essenziale che è la storia che viviamo, che però sfonderà il muro della morte e ci aprirà ad una novità:  quello che noi saremo e che  non è ancora rivelato.

Infine abbiamo ascoltato il vangelo delle beatitudini. La parola “beato” in italiano non significa molto, ha un significato sarcastico che utilizziamo come  “beato te che non c’hai niente da fare”,  come un proforma che non indica nulla.

E’ molto difficile adesso spiegare la natura del vocabolo in ebraico e in greco, ma fondamentalmente significa questo: Gesù guardando questa gente dice “ma guarda che cosa bella vedere una persona che è povera in spirito!”.

Che vuol dire? Una persona povera in spirito è una persona che non si irrigidisce perché gli hai detto mezza parola, è una persona che ha pazienza, che è disposta a mettersi in discussione. E’ una persona che quando la vedi devi fare festa, perché  la natura umana normalmente non può aprirsi, non può accettare di essere stata messa in secondo piano. Non ci riesce perché ognuno di noi è schiavo di se stesso, quindi la persona povera, cioè umile, che si apre, che è collaborativa nel lavoro, nel matrimonio, con il padre, con il figlio, è un miracolo! Un povero in spirito è una persona che quando gli dici una cosa, ci riflette, non dà tutto per scontato!

Noi come Chiesa abbiamo il compito importantissimo di proporre, di attuare questa trasformazione dell’uomo naturale, perché solo la Chiesa cattolica, solo la Chiesa di Dio lo può fare. L’umanità normalmente fugge l’afflizione, fugge la mitezza considerata come un modo remissivo, da vigliacco, di affrontare la vita. Il vero obiettivo che deve avere un padre, un vescovo, un papa è quello di abilitare questa umanità nuova che viene segnata con il sangue dell’agnello e che è passata attraverso la grande tribolazione. Questa è una umanità rinnovata dall’opera della Chiesa e che appunto si chiama Chiesa.

La Chiesa si occupa spesso di cose anche belle, importanti: aiutare i poveri, fare i pacchi di cibo per loro, trovargli il lavoro, dargli le coperte… Certo, questo la Chiesa lo deve fare, ma lo fanno anche dei laici.

C’è invece qualcosa che può fare solamente la Chiesa, questo cambio, questa trasfigurazione in modo che una persona finalmente diventi se stessa in Cristo: lo Spirito di Cristo lavora profondamente in lei attraverso il cammino di fede, attraverso la Parola di Dio, attraverso la predicazione, e piano piano comincia a vedersi questa fisionomia nuova, questo atteggiamento di chi è appassionato delle cose, di chi ci crede.

Beati coloro i quali hanno fame e sete della giustizia, cioè coloro che ci credono! Un cristiano è una persona che non si è incattivita, non si è arresa, perché è sostenuta dallo Spirito. Questi sono i santi. Molti di voi siete già così! Si tratta di continuare a vivere questa festa, perché basta un niente per tornare ad essere quelli che eravamo. Io voglio vivere di questa speranza, di questa parola, di questa sapienza, di questa fraternità, e ho bisogno che questa Chiesa concreta mi abiliti, mi sostenga, mi incoraggi, mi corregga.

Gesù dice: ammazza che bello! che novità! ma che cosa nuova! Questo è il Regno dei Cieli! Per questo sono nato, per questo sono venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità!

L’uomo della verità è l’uomo delle beatitudini, è il Cristo, è il volto di Cristo.

La beatitudine è la vittoria sulla morte. La morte è la chiusura, è la difesa di sé, è tenere il punto, è non capire gli altri, è non avere nessuna passione e questa realtà affligge ogni uomo. Nella misura in cui la Chiesa sigilla sulla fronte questa novità, fiorisce il deserto. Nel deserto non può fiorire nulla, in una persona normale non può fiorire nulla se non il miracolo che può fare la Chiesa attraverso l’iniziazione cristiana per cui uno attende la resurrezione.

E’ in questo che la Chiesa deve investire, questo è ciò che noi facciamo attraverso i battesimi, le comunioni, le cresime, è questo perché poi nel mondo si vedano.  Noi viviamo il cristianesimo nella nostra fragilità, nella nostra debolezza, nella nostra normalità, però a volte c’è un vanto di bellezza. Su quello dobbiamo lavorare, su quello dovremmo investire, su quello dovremmo compiacerci.  Questo può fare la Chiesa questo fanno i santi, cioè le persone in cui si vede la vittoria di Cristo sulla morte, in questi atteggiamenti nuovi che piano piano si fanno presente nei pensieri e nelle parole e nei gesti delle persone normali come voi.