E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto

15-09-2024 XXIV domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Mc 8,27-33

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?» Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

Proviamo ad entrare nel Vangelo che abbiamo ascoltato e che ha tantissimi particolari che sicuramente non vi sono sfuggiti. Questo Vangelo dice: “in quel tempo Gesù con i suoi discepoli va verso una città che si chiama Cesarea di Filippo”. Perché parla di Cesarea di Filippo e non di Cesarea Marittima, che sta verso il mare? Questa città è chiamata anche Banyas, sta a nord di Israele, a circa quaranta chilometri da Cafarnao ed è particolarmente bella, spettacolare. Filippo era uno dei tre figli di Erode il Grande, aveva ereditato dal padre questo territorio e l’aveva amministrato in maniera intelligente: aveva costruito questa super città per onorare l’imperatore romano; così aveva fatto costruire dei templi bellissimi con un marmo bianco: c’era tantissima acqua purissima, addirittura una cascata di dieci metri. Immaginate che in Israele ci sia acqua in abbondanza, spettacolare con fiori e caprioli: lì i legionari romani, così come tutta la guarnigione che governava la cosiddetta Palestina, andavano a riposare. Era il luogo della tranquillità, della vittoria, dell’efficientismo, della serenità, della possibilità di ricrearsi dalle battaglie, dai problemi: un luogo da favola. Gesù va a Cesarea di Filippo per fare una domanda. A Cafarnao ha detto che deve fare una domanda che però farà a Banyas, che dista quaranta chilometri da Cafarnao. Ma fare una domanda a Cafarnao o a Banyas non è la stessa cosa? No; i discepoli, infatti, andavano dietro a Gesù e dovevano fare un percorso complicatissimo, in mezzo alle gole.

Chi è stato con me in Israele ha visto il sentiero che incontra un grande obelisco naturale che si chiama Wadi Hamud e si cammina per tre giorni. Gesù fa questa domanda: “Chi dite che io sia?”, perché evidentemente non è sufficiente che faccia le catechesi, perché sono pericolose. Infatti, se io non verifico che cosa tu in buona fede abbia capito, io posso illudermi che tu hai capito quello che intendevo io e questo è il principio di tutti i malintesi. Per questo, a volte, pedagogicamente è necessario sincerarsi sulla correttezza dell’interpretazione di quello che è stato affermato; questo si chiama formazione, per cui fare l’omelia non basta, perché io mi illudo che voi abbiate capito qualcosa e probabilmente non è così. Gesù stesso lo fa, ha questo metodo e Pietro risponde alla domanda con questa frase: “tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente; ed impose loro di non rivelarlo”. A Gesù non basta; deve precisare alcune cose immediatamente dopo che Pietro gli abbia detto che è il Cristo, il Messia, cioè Colui che risolve tutti i problemi dell’uomo, i problemi di Israele; siccome ha capito che Pietro non ha capito bene, o vorrebbe capirlo, o vorrebbe verificarlo, gli dice che il Figlio dell’uomo, cioè il Messia, dovrà molto soffrire, essere riprovato dagli anziani, dai Sommi Sacerdoti, poi dagli Scribi, poi venire ucciso e dopo tre giorni risuscitare. A quel punto Pietro rimane scioccato, ha uno shock, tant’è vero che chiama Gesù e lo esorcizza: il verbo greco è che Pietro esorcizzò Gesù e gli dice che quello che sta dicendo viene dal demonio e Gesù lo ri-esorcizza un’altra volta. C’è un conflitto durissimo tra i due, dopodiché Gesù gli dirà: “se vuoi capire chi io sia, devi andare dietro di me”, mi devi seguire; non te lo posso spiegare, perché non lo capisci.

La stessa cosa è per noi: sapere chi è Gesù non significa leggere i libri di teologia, ma essere guidato in alcune esperienze fondamentali. Pietro immaginava che Gesù fosse la scorciatoia per arrivare a quello che la città di Banyas simboleggia, cioè l’efficientismo, la serenità, la soluzione di alcuni problemi. Invece è una maschera che nasconde la complessità dell’esistere; per cui ogni mattina, anche nel fare la messa, per me, ci sono una serie di errori clamorosi che io devo gestire; anche la tua vita è piena di tegole, così si chiamano. Non è che queste problematiche noi le vogliamo assumere perché siccome siamo cristiani, vogliamo essere più meritevoli e quindi soffrire di più, per cui Gesù poi ci vorrà ancora più bene: questa modalità è assurda ed è sbagliatissima. Gesù comincia a parlare di questa difficoltà con gli anziani, con Gerusalemme, con le contrarietà perché la nostra vita va controcorrente, è piena di contrarietà, e siccome non sappiamo entrarci, bestemmiamo, ci chiudiamo e ci difendiamo; senza Gesù Cristo è impossibile entrare dentro la realtà per quella che è, per cui dobbiamo mettere una maschera e imparare a vivere nella finzione.

Questa civiltà della finzione ci arriva da X Factor, attraverso la divinizzazione di Sinner, ci stordisce per non farci entrare dentro queste realtà, perché non possiamo entrarci: dobbiamo entrarci in Cristo! L’unica persona con la quale la nostra vita può essere sminata, bonificata, resa commestibile, è Gesù Cristo, con il quale è necessario avere una speciale unione; senza questo la nostra vita è tutta sbagliata, non va niente liscio come l’olio; così inizio a pensare che qualcosa è andato storto, che sono sfortunato, che non funziona niente come penso io. Quando Gesù dice che il Figlio dell’uomo deve andare incontro a tante cose, non si sta complicando la vita, sta solamente vivendo la realtà per quella che è.

Anche noi abbiamo questi continui contrattempi e contrasti: Pietro ha questo shock, e questo è capitato a ciascuno di noi, perché immaginavamo che la religione ci mettesse al riparo da tutto quello che è difficile; siccome la tua vita è difficile, significa che Dio con te non c’è, che sei stato abbandonato, perché chissà quale peccato avrai fatto. Questo ragionamento il Signore lo vuole completamente destrutturare, disinnescare, perché è una sorgente di tanti malintesi; per cui Gesù chiede a ciascuno di noi innanzitutto chi è Lui per me, da quando mi sono fidato di Lui e se mi fido di lui. Gesù ci dice di verificare chi ci parla nella realtà, di renderci conto che Lui è l’unico che ci insegna a vivere una vita reale e non quella che viene rappresentata dalla televisione, che sarebbe Banyas, la civiltà di Babilonia, la civiltà della maschera, della finzione, dell’idolatria, dell’illusione. Questa civiltà ti dice che devi fare tanta ginnastica, perché così l’adipe sarà sconfitto e solamente quando tu sarai così, sarai veramente una donna o sarai veramente un uomo: un sacco di stupidaggini che avvelenano la nostra vita, come la televisione.

Questa parola ci viene a contestare, perché c’è questo conflitto: non si può pensare che la civiltà del cristianesimo, anche se è gentile e buona perché viene da Gesù che è buono, non produca un conflitto. Una conversione senza dolore, senza uno sconvolgimento, non è una conversione: è solamente essere d’accordo, negoziare, fermarsi a mezza strada, e questa è la pace suggerita da Banyas, dalla civiltà di Babilonia, ma è una menzogna. La verità certamente non sarà il fondamentalismo, ma la verità è Cristo, che ti fa capire dove sta la verità e dove la menzogna. Soprattutto, siccome Gesù Cristo è una persona viva, ti dice all’inizio di questo anno di seguirlo, di ricominciare a farlo, perché la vita mena come un fabbro, altro che gli anziani di Gerusalemme: c’è tua suocera, una malattia, hai il diabete, gli anni che passano, verrai schiaffeggiato costantemente e quindi solamente insieme con Lui tu puoi vivere integralmente la tua vita; altrimenti sei sempre come in una bolla di aria dove ogni tanto riprendi fiato e tutto il resto della vita vivi in apnea. Ma non si può vivere così: questa è la menzogna che viene rappresentata dalla grande città.

Sant’Agostino dice che esistono due città: la città degli uomini e la città di Dio. Gesù già lo aveva detto, quando va a Banyas, che è proprio la città pensata per la ricreazione, perché Dio Pan, pandemonio, Dioniso è il dio dello sballo, dello stordimento, dell’evasione dall’esistere, per chi se lo può permettere; ma poi la sorte di quella persona e soprattutto di chi gli sta accanto è peggiore di quella precedente. Quindi, voi siete fortunati, anche se è vero che identificare chi davvero sia Gesù Cristo non è facile, perché si presta a molteplici malintesi che vengono da satana; la stessa teologia può essere contaminata e quindi la finezza con la quale volevo precisare alcune indicazioni è assolutamente fondamentale; ne va della vostra vita. Ognuno di noi ha a che fare con questo e chissà qual è oggi lo schiaffo, il problema in cui tu sei bloccato. Cristo dice: “seguimi”: mi devi seguire attraverso le cose che hai imparato e che imparerai; vedrai che questa valle del pianto si trasforma in una sorgente, cammina dietro di me. Gesù non è il Cristo triste che deve soffrire, il masochista; questa è una caricatura che crede la maggioranza dei cristiani, i quali pensano che la croce, i problemi, sono delle cose che io mi devo procurare per stare male; così Dio sarà contento che sto male: è molto facile entrare in questi malintesi.

Dice Isaia al capitolo 50, “Il Signore Dio mi ha dato una lingua da iniziati perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola; ogni mattina il Signore fa attento il mio orecchio perché io ascolti come gli iniziati. Il Signore mi ha aperto l’orecchio ed io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba – e fa un male cane, istintivamente gli dai uno schiaffo – non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”. In questo passo immediatamente ci riferiamo alla Passione di Cristo, ma ci sono tante cose che l’anticipano.

Quindi, riflettiamo su questa Parola di realtà, di realismo; potrei domandarti: che puoi dire dopo che ti sei fidato di Cristo? Cosa hai provato? E invece se ti chiedessi di quando ti sei fidato delle indicazioni che ti danno in televisione? Ti sei sentito a tuo agio, hai trovato la soluzione? Cosa hai visto nel tuo gruppo? Nel laboratorio, nella comunità, nella parrocchia, che stai vedendo? Certo, non è che noi siamo in una totale santità, però è palese il tentativo di entrare nella realtà per quella che è, insieme con Cristo che ci dà il suo Spirito.

Su questo dobbiamo continuare, camminare, anche se lo shock è quotidiano. Uno non si aspetta che non ci sia un altro problema, e poi un altro ancora, e poi ancora; non può essere sempre così. Quindi a volte ci sono delle oasi, dei momenti di comunione, perché il Cristianesimo è una esperienza esistenziale nel concreto, esiste nella concretezza della verità, nella vita.