Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità

24-11-2024 XXXIV Domenica del Tempo Ordinario - Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo di don Fabio Pieroni

Gv 18,33b-37

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Siamo all’ultimo giorno dell’anno liturgico e quindi dalla prossima domenica inizia l’Avvento: praticamente abbiamo quattro settimane, esclusa la festa dell’Immacolata perché coincide con la domenica e andiamo verso il Natale. Io credo che questo testo e questa festa dell’ultima domenica dell’anno liturgico, a cui è stata assegnata la lettura del processo davanti a Pilato, sia estremamente normativa per l’evangelizzazione: normalmente, per esempio, quando organizziamo un pellegrinaggio partiamo sempre dalla fine, domandandoci dove li vogliamo portare e qual è il messaggio che noi vogliamo comunicare; per cui bisogna preparare tutte le tappe, perché consequenzialmente arrivino al confine.

Siccome ogni atto, come diciamo spesso, è intenzionale, è intenzione della Chiesa vivente approfondire il vangelo di oggi: in sintesi, ci parla prima di tutto di un agire degli uomini di questo mondo che hanno la sapienza che deriva da esso, che fanno il loro gioco, le loro scelte, i loro progetti, ma all’interno di questo gioco, c’è anche il gioco di Dio. Arrivati alla fine (i conti si fanno alla fine) Dio perde, perché Gesù viene crocifisso e ridicolizzato: non si sa bene chi sia il ridicolo, se Gesù o Pilato, perché Pilato è il maestro del diritto e malgrado riconosca che questo uomo non abbia commesso nessuna colpa, lo condanna; quindi sta rinnegando sé stesso, sta fallendo, mentre sta vincendo: mentre Gesù sta perdendo, in realtà sta vincendo, perché sta testimoniando la verità. Però questo non è sufficiente, perché noi diciamo che la ragione è dei fessi: ha vinto Gesù però lo hanno distrutto.

La prima parte descrive che Dio è presente negli uomini; ma non è sufficiente: sia nella prima lettura (Daniele) che nella seconda (il libro dell’Apocalisse) c’è un tempo finale che speriamo che ci sia, che avvenga, che arrivi, che si renda presente e che metta in luce i segreti di tutti gli uomini e che faccia un giudizio. Questo è un aspetto importante perché riguarda il giudizio, cioè cosa rimane davanti a Dio, che cosa entra nella vita eterna, che cosa viene prolungato in quella vita che Dio ha inaugurato entrando nella tua storia. Tutto quello che non viene da Dio non può entrare nella vita; questo sarà quello che si aspettavano i discepoli di Giovanni nell’isola di Patmos, quando si consolavano con questo inno liturgico che è un canto: “Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Sì, Amen! Dice il Signore Dio: Io sono lAlfa e lOmèga, Colui che è, che era e che viene, lOnnipotente!”. Bisogna capire che mentre Dio fa il gioco degli uomini e gli uomini fanno il loro lavoro, è possibile che uno crolli e si convinca che Dio non c’è, che tanto alla fine vincono sempre i furbi e io non voglio rimanere come un cretino; quindi c’è la tentazione di apostatare: l’apostasia è un peccato, anticamente, molto importante che consiste nel rinnegare l’azione di Dio che noi aspettiamo. Come si fa a non apostatare? A non crollare? E’ difficilissimo, perché bisogna avere una comunità cristiana, che con la fede di ogni membro ci aiuta a camminare, a crescere e a rilanciare la nostra missione: noi questa comunità ce l’abbiamo e bisogna stare attenti a non sottovalutarla. A me ha aiutato la comunità, la gente, parlare con loro.

Mi è piaciuta molto la citazione tratta da un testo delle fonti francescane che si chiama “Dallo Specchio di Perfezione” di San Francesco; quello che lo commuove è la fede di Bernardo da Quintavalle: “la fede di Bernardo, che la ebbe perfetta insieme con l’amore della povertà; la semplicità e la purità di Leone, che rifulse veramente di santissima purità; la cortesia di Angelo, che fu il primo cavaliere entrato nell’Ordine e fu adorno di ogni gentilezza e bontà; l’aspetto attraente e il buon senso di Masseo, con il suo parlare bello e devoto; la mente elevata nella contemplazione che ebbe Egidio fino alla più alta perfezione; la virtuosa incessante orazione di Rufino, che pregava anche dormendo e in qualunque occupazione aveva incessantemente lo spirito unito al Signore; la pazienza di Ginepro, che giunse a uno stato di pazienza perfetto con la rinunzia alla propria volontà e con l’ardente desiderio d’imitare Cristo seguendo la via della croce; la robustezza fisica e spirituale di Giovanni delle Lodi, che a quel tempo sorpassò per vigoria tutti gli uomini; la carità di Ruggero, la cui vita e comportamento erano ardenti di amore;  la santa inquietudine di Lucido, che, sempre all’erta, quasi non voleva dimorare in un luogo più di un mese, ma quando vi si stava affezionando, subito se ne allontanava, dicendo: Non abbiamo dimora stabile quaggiù, ma in cielo”. E’ chiaramente un affresco completamente idealizzato, però qualcosa del genere esisteva. Noi quando parliamo di queste cose non ci sembrano delle difficoltà, ci appartengono, assomigliano a noi perché assomigliano a quello che già siamo e si tratta solamente di perseverare. Gli incontri che facciamo devono costituirci non solamente come fratelli, come figli ma come madri nei confronti dei nostri fratelli.