Maestro, non t’importa che siamo perduti?

23-06-2024 XII domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Mc 4,35-41

In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

La prima lettura è tratta dal libro di Giobbe ed è Dio che parla e gli risponde in mezzo ad una tempesta. Siamo nel capitolo trentottesimo e, dopo il terzo capitolo, Giobbe ha iniziato a litigare con Dio e con tutte le sue idee su Dio, che si immagina in una certa maniera. Il Signore gli dice: «io ho fissato un limite al mare, gli ho messo un chiavistello e due porte; ho detto: “Fin qui giungerai e non oltre e qui si infrangerà l’orgoglio delle tue onde». Dio dice che queste realtà sono nelle sue mani, è tutto sotto controllo, gli ha messo un limite, lo gestisce Lui.

Poi abbiamo ascoltato il Vangelo, nel quale si dice che Dio ci mette un limite, ma anche no; sembra così: ci parla di un’esperienza che Gesù inizialmente propone di fare e cioè di andare all’altra riva (siamo nel capitolo quarto del Vangelo di Marco), ma risulta un fallimento; poi nel capitolo sesto, Gesù dirà un’altra volta di passare all’altra riva e succede un altro macello. In questo primo incontro con la tempesta, i suoi discepoli “lo presero così com’era nella barca”. Su questo punto l’esegesi si sbizzarrisce: io penso che significhi che lo presero come se fosse uno di loro, una persona normale. Gesù gli sta facendo capire che vivranno una metafora di quello che dovrebbe essere la vita di ciascun cristiano che ha conosciuto profondamente Cristo: non è colui che fa tutto per noi, senza che noi facciamo niente o che siamo attenti o che ci mettiamo tutte le nostre capacità; non è che noi dormiamo, mentre lui è sveglio e porta avanti tutto. È invece il contrario; è l’esperienza di chi (come fa Gesù) vuole abilitare i suoi apostoli a vivere un’esperienza della Pasqua che ha il suo tormento, la sua paura, la sua sfida che Dio non vuole togliere, ma bisogna entrarci dentro perché là avviene la Pasqua.

Io penso che il matrimonio sia così: immaginate quante volte questa sposa, che oggi celebra il 25° di matrimonio, sia entrata nella tempesta e quante volte il suo sposo ha fatto la stessa cosa. Non è vero che quando avviene la tempesta, Dio si è allontanato da noi: c’è solamente una grande fiducia che Dio mette nelle nostre mani, perché ci rende consapevoli ed è convinto che noi siamo capaci di poterci gestire dentro queste realtà tempestose che non hanno delle strade già prefigurate, ma le dobbiamo inventare noi, in quanto abbiamo una relazione con Dio, in Gesù Cristo. In questo modo noi possiamo vivere la nostra vita complessa, complicata, dentro la quale sembra che non ci sia nessuno, che sia tutto fuori controllo; invece Gesù non è come tutti gli altri. Il fatto di ricevere il vangelo, la parola di Dio non è inutile; ci servirà quando dovremo affrontare delle situazioni molto feriali, tragiche, difficili, fastidiose, in cui noi pensiamo che Dio ci abbia abbandonato oppure si sia scordato di noi, mentre lui sta lì, affinché sia io ad operarmi.

Prossimamente dovrò fare quattro pellegrinaggi e li farò io insieme con Cristo; non è che Cristo li fa e poi ogni tanto mi fa fare una piccola cosa e mi dice di rimettermi a dormire, perché tanto non sono capace a fare niente: ci piacerebbe questo tipo di Dio. Invece il Dio che queste persone scoprono è qualcuno che ha tutto sotto controllo, ma forse pure no: il controllo non è tanto quello di chi non debba vivere delle ferite, dei problemi, dei momenti di disperazione, perché questi ci aspettano e tu sarai in grado di gestirli. Dio lo dice.

Gli apostoli dicono: ma allora “non ti importa che moriamo?” e questa domanda si può porre in molti modi, con molte intonazioni, anche con un tono di rimprovero o invece come un’affermazione: “ma allora la morte per te non è un problema, ci si può passare dentro”; alla fine ci dovremo fare i conti con qualcosa che ci sovrasta, che sembra sia totalmente fuori controllo e lo è, ma forse anche no. Cristo risorto si è fidato che dentro un itinerario senza uscita, questa uscita ci fosse; è questa l’esperienza che dobbiamo imparare a fare. Gesù nel Vangelo di Marco per ben due volte dice di passare all’altra riva e la seconda volta si legge che li costrinse a salire sulla barca, perché la prima volta già avevano avuto molta paura; in italiano si dice “li ordinò”, ma in greco si traduce “li costrinse” e ne parla sia il Vangelo di Marco che di Matteo. Nel lago di Tiberiade a volte ci sono delle tempeste che nascono dalla orografia particolare, perché siamo a 200 mt. sotto il livello del mare e poco sopra, a 20/30 km. c’è il Monte Hemon, che è alto 3.000 mt ed è un ghiacciaio; per cui a volte ci sono dei fenomeni atmosferici estremi.

In un altro Vangelo, di tutt’altra caratura, Dio porterà un cieco per vie che non conosce; è un po’ simile; gli dice: “hai l’età” di far fronte a queste difficoltà, nella misura di cui però tu ti alleni, vieni in Parrocchia, ascolti la parola di Dio, entri nella preghiera. Non puoi affrontare la vita come un mollusco, non puoi partecipare alle Olimpiadi se non ti sei allenato. Io sono certo che questa coppia di sposi molto spesso si sarà chiesta dove sta Dio, se devono fare tutto loro: lo hanno chiamato, hanno gridato, ma non dà delle risposte, è in silenzio, dorme. Non ci si comporta così, è vero, invece Dio lo fa, non fa da orsacchiotto antistress quando devi confrontarti con la vita che ti sbatte al muro.

Quindi abbiamo bisogno di fare questa iniziazione. La fede non è qualcosa che uno dice di credere; significa invece allenarsi come facciamo, confrontarci con la parola di Dio mischiata con la vita che viviamo, con la terra: questo amalgama fa presente una creazione nuova. Ciascuno di noi sta diventando adulto e saprà, nell’obbedienza a Cristo, che non è vero che fa tutto lui e ne ha una delusione, pensando che Gesù fosse il genio della lampada che risolveva il problema. È vero che Dio nelle mani ha tutto: alla fine Lui è l’alfa e l’omega e noi siamo una lettera all’interno di questo alfabeto; Lui il principio e la fine o il fine.