Gv 1,1-5.9-14
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.Celebriamo oggi la seconda domenica dopo Natale, che ci offre una ulteriore sintesi di tutto quello che abbiamo vissuto in questa serie di feste liturgiche. Possiamo definire questa domenica come una edizione teologica del Natale e quindi una riflessione dell’uomo che si è protratta durante questi duemila anni.
Il prologo, pur essendo un testo teologico, è un testo anche kerigmatico che ha un significato profondo per l’esistenza umana che richiede, che grida se ci sia davvero un senso perché la vita umana possa essere vissuta. Ci chiediamo se è mai possibile che la vita umana sia così banale, sia così sgangherata. E se non è possibile come posso fare io a dargli un senso?
Il prologo annuncia che è successo qualcosa, è cambiato qualcosa dentro l’umanità a causa dell’incarnazione. Dio ha preso la natura umana, è diventato uomo nella carne perché non esiste l’uomo esiste la carne dell’uomo; nel cristianesimo non esiste l’uomo in senso generale, ma esiste sempre in, concreto perché l’incarnazione come suo significato porta con sé sempre la concretezza.
Quindi l’annuncio è questo, che Dio si è fatto carne, è un uomo. Questa è una contraddizione filosofica perché non si può ammettere che in Cristo c’è l’universale concreto, cioè che in questo uomo c’è tutto Dio.
E non solo è impossibile concettualmente che Dio sia uomo, ma a causa del fatto che l’uomo è nella carne, cioè in una esistenza diminuita, problematizzata dal peccato, è impossibile che Dio possa prendere questa natura compromessa.
La natura dell’uomo è compromessa perché è estremamente allergica a qualsiasi problematica, a qualsiasi difficoltà, e subito si impaurisce, deve salvare se stessa e istintivamente c’è questa angoscia profonda di sentirsi figli del nulla. Tutto questo affligge ogni uomo, ogni relazione e lo porta a vivere in una maniera sconclusionata.
Il Kerigma cioè l’annuncio è che con l’incarnazione di Cristo è possibile vivere una vita divina, una vita bellissima, una vita interessante dentro gli stenti, le difficoltà e le contraddizioni di questa esistenza umana compromessa dal peccato. Quindi dentro questa giungla è possibile che appaia la gloria.
I grandi teologi, in particolare sant’Ireneo, dicono che “la gloria di Dio è l’uomo vivente” è l’uomo che cioè trasmette la vita, perché la carne, quando affligge l’uomo, spegne la vita, la riduce, la deforma, la ridicolizza. Cristo ha spezzato questa maledizione! Nella seconda lettura abbiamo ascoltato la grande benedizione che San Paolo esprime dentro questa lettera agli Efesini:
Benedetto Dio che ci ha Benedetti con ogni benedizione della benedizione, per essere santi e immacolati nell’amore
Noi sappiamo che purtroppo i vocaboli cristiani sono stati mistificati, sono stati deformati, perché la parola santo immacolato non pensiamo ci appartengano. Nessuno di noi è santo e immacolato nel senso a cui noi attribuiamo l’immacolatezza e la santità, perché pensiamo che la santità sia l’assoluta perfezione. Questa è la mistificazione del demonio che ha riempito di un significato sbagliato alcuni vocaboli chiave del cristianesimo.
Dice Gregorio da Nissa che la vera santità, l’immacolatezza si realizzano in piccoli atti e ogni uomo, dopo che Cristo si è incarnato, guardandolo può generare in sé il Cristo attraverso un atto cristiano.
Immaginiamo sei nel traffico e uno ti inchioda davanti. Tu vorresti reagire in modo violento, ma poi vedi Gesù Cristo là e tu chini il capo. Ecco là sta nascendo il Cristo, lì in quella piccola cosa si sta dando un’incarnazione del Verbo molto semplice. Non dobbiamo fare delle cose eclatanti. Già si sta realizzando in voi questo mistero della presenza, della gloria di Dio nella vostra carne, nel vostro piccolo. Molte volte si è già realizzato, perché non è una cosa impossibile: Cristo lo ha reso possibile perché lo ha compiuto nella sua carne, e questa è la chiave che consente al più poveraccio tra di noi di poter far diventare carne la grazia di Dio. Quando questo avviene, ecco la gloria! Questa è la gloria!
Ogni volta che uno fa un atto cristiano partorisce Cristo in sé per cui ciascuno di noi può essere anche la madre di se stesso. Giovanni Paolo II nel documento “veritatis splendor” che è un documento pazzesco, meraviglioso, parla proprio di questo. Dice che la verità che è la gloria si può rendere visibile, si deve rendere visibile in un uomo e quando questo avviene l’uomo è beato.
Vedete tutti questi termini sono collegati: un uomo è beato, è sapiente però dobbiamo saper goderci questi piccoli pezzetti di cielo che appaiono nella nostra vita, perché questo è l’unico modo in cui Dio si manifesta nell’umanità.
Ci sono piccole cose che sono grandi, noi invece siamo stati abituati a questa virtù dell’umiltà attraverso la quale costantemente banalizziamo noi stessi con un sarcasmo amaro e quindi non riusciamo ad entrare nella lode, nel piacere e nella pace. Siamo sempre scontenti di noi stessi, non ci autorizziamo mai a poter cogliere che in noi questa gloria si vede.
Questa è la base che deve accompagnarci perché la chiesa è stata abilitata a fare questa operazione in Maria in cui per la prima volta Dio si è fatto carne. C’è la vocazione della Chiesa che rende possibile che ogni uomo venga abitato dalla grazia di Dio e manifesti la sua gloria.