Mc 12,38-44
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».Il vangelo ci fa presente due modi di vivere. Il primo, quello degli scribi e dei farisei, è un modo di vivere misurato sulla reazione degli altri, sulla gratificazione, sulla ricompensa, perché se io vengo rifiutato muoio. Questo è un principio fondamentale che guida gli atti di tantissimi di noi. A furia di vivere in questa maniera uno diventa come gli scribi, persone finte che si devono vestire in una certa maniera, tatuare in una certa maniera, che devono avere i like su FB, che devono usare Instagram… persone che quindi a furia di vivere in una maniera eterodiretta, cioè diretta dal consenso esterno, snaturano se stesse e piano piano non sono più loro, hanno una maschera.
Questo processo è attivo in ciascuno di noi. Il modo di vivere che nasce dall’ottenere risultati: se mi applaudono, vuol dire che sto andando bene. Se vengo isolato, contestato, significa che sto andando male; questa logica del comportamento pian piano mi snatura, mi fa diventare finto. Per questo Gesù condanna questo modo di essere uomo che poi è collegato anche alla religione, perché può accadere che uno viene in chiesa per fare esattamente quello che dice il catechismo. E lo fa perché altrimenti Dio si arrabbia con lui. Gesù condanna questo modo di vivere.
Qual è allora il modo di vivere alternativo? Esiste un altro principio che possiamo imparare, assimilare per poter diventare veramente noi stessi?
Il vangelo dice: guardate questa donna! Ha delle gratificazioni? Questa è una donna vedova, una donna che è stata delusa da Dio. Immaginate che il marito si sarà ammalato… avrà pregato? Certo! Molto più di una donna moderna, perché all’epoca di Gesù una donna che perdeva il marito diventava una barbona, non aveva più una casa, uno stipendio, niente… Noi immaginiamo questa donna un’anziana, ma forse era giovanissima! E Gesù dice: guardate, esiste un modo di vivere che parte dal cuore, da una cosa nascosta, e che malgrado tante delusioni continua ad esser fedele a questa relazione con Dio. Non dà i risultati che io mi aspetto, ma mi fa entrare in un disegno misterioso che alimenta la volontà di Dio.
In questo sta la dignità di una persona, sta la dignità di Cristo stesso perché anche lui sta facendo questo nei riguardi del padre suo, sta andando verso Gerusalemme (noi siamo al capitolo 12 del vangelo di Marco, e al capitolo 14 Gesù viene crocifisso).
In quel momento nessuno capisce Gesù, tutti lo rifiutano e lui continua a spendere la sua vita nell’adorazione di quel Dio che lo sta apparentemente deludendo e che quindi lo sta facendo diventare veramente figlio, lo sta facendo diventare una persona che fa delle scelte che non sono convenzionali, fatte in modo da essere applaudite, gratificate. E’ libero! E in questa donna Gesù vede il suo stesso modo di vivere e viene incoraggiato.
Questa vedova è esattamente il tipo di persona che vive il vangelo. Non è più sposata con il mondo, è diventata vedova di questo mondo. Ha rotto questa specie di condizionamento ed è diventata libera. Questa possibilità di vita è la vita del vangelo. E’ questa la vita che dovremmo imparare nella chiesa, mentre costantemente siamo sedotti per vivere la vita che ho descritto all’inizio.
C’è un modo di vivere sconosciuto che la Chiesa sta cercando di insegnarci perché possiamo diventare veramente noi stessi: dei figli di Dio, con la propria personalità, con le proprie scelte e anche con una certa misura. A volte ci dicono: ma chi te lo fa fare a dare così tanto? Me lo fa fare la mia relazione con Dio. Ho dato poco, ho dato tanto? Io lo faccio davanti a Dio, non davanti a voi! Sono libero dal vostro applauso e dal vostro consenso.
Vivere secondo questa maniera è vivere secondo il vangelo. Questa è la buona notizia. Io non ho bisogno dell’affetto e della gratificazione altrui, non vivo prendendo spunto da quello che vi piace, dal fare quello che voi volete perché possa avere da voi un po’ di bene. Il vangelo valorizza l’unicità, l’irripetibilità di ciascuno di noi davanti a Dio.
Questo lavoro non è di un giorno, non è istintivo. Bisogna che noi veniamo formati a diventare profondamente noi stessi davanti ad una relazione vera con Dio, dentro il cuore, dentro il tempio. Questa è la formazione cristiana, che deve essere permanente. Ecco perché facciamo la messa della domenica. Questo è un altro modo di capire l’eucarestia: Gesù questi due spiccioli, che sono la sua vita, se li gioca sempre davanti al progetto del Padre, anche se quel progetto non dà le gratificazioni che si aspettava, anzi tutto il contrario. Ma Gesù sa che non è l’ultima parola e continua a giocarsi sulla volontà del Padre suo.
Questo è ciò che cercheremo di fare. Tante volte abbiamo la tentazione di dire: ma chi me lo fa fare… invece no, questa mattina ti dico: entra dentro questo piano profondo, dentro questa relazione profonda con Dio anche se non hai gratificazioni. C’è questa relazione gratificante, profondamente spirituale con Dio Padre. Gesù ha vissuto così, ha avuto queste consolazioni. Allora la consolazione di fare l’eucarestia, di vedere questo gesto che vedremo, ti faccia dire: io pure faccio così da stamattina! Continuo, rilancio, per avvertire questo Amen forte dentro di me, nella volontà del Padre.